In concomitanza con l’arrivo, dal biciclettaio sotto casa, dei corpetti rifrangenti Wowow, esce il nuovo disco dei Verdena. Abituato com’ero al loro grunge con gli accordi alla nona, evoluti fino a Requiem con delle opere di sicuro impegno intellettual-compositivo, percepirli giunti a un pop italiano anni 70, mi lascia un po’ dubbioso, almeno per questi primi ascolti. Nelle iper compressioni adottate, nei piani riverberatissimi e nel channel strip della voce di Battisti, mi pare di intravvedere solo frasi musicali piuttosto semplici e poco interessanti. Forse si chiama psichedelia.
Spero di ricredermi nei prossimi ascolti e di rimanere stupito dalla genialità di una sicura maturazione artistica. E sono altresì convinto di riuscire a trovare prima o poi la chiave di lettura dei testi, che si trasformeranno magicamente in poesie profondamente ricche di significati filosofici e morali.
fa cacare, ma lo pompano lo stesso.
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Beh non c’è altro da pompare in Italia al momento, al di fuori di San Remo (il santo proprio)
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Ascoltato, ma non apprezzato più di tanto. Almeno Requiem dopo un po’ ti faceva credere che fosse bello anche se non lo era. Questo neanche ci prova.
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Ma in fondo dopo un po’ anche questo ci prova, bisogna aver un po’ più di pazienza. Comunque è stato superato di gran lunga da “Hardcore will never die, but you will”, anche come lunghezza del titolo.
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Adesso mi hai fatto venir voglia di ascoltarlo questo album dei Mogway. Ti saprò dire caro il mio Croa
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i mogwai, e non mogway, sono solo una versione del valium in altro formato
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Adesso quest’album mi piace, domani non lo so
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